lunedì 19 gennaio 2009

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Finalmente il 13 gennaio io e il mio uomo siamo andati all'appuntamento alla questura per avere il suo permesso di soggiorno per motivi familiari, avevamo preso appuntamento almeno un mese prima. Uno ha un figlio italiano quindi il permesso di soggiorno glielo dovrebbero dare alla svelta: non è per nulla così. Fatto sta che abbiamo pagato 80 euro per fare la richiesta tramite le poste perchè nessuno ci aveva fatto sapere che lo potevamo fare più velocemente ed economicamente prendendo appuntamento alla questura per l'ex art.19. Non so cosa sia l'ex art.19 a dire la verità, cavolo mi dovrei informare, comunque bisogna prendere appuntamento dicendo per l'ex art.19. Siamo arrivati puntuali in bicicletta, l'appuntamento era alle 8,30. Entriamo nello storico tendone che stavolta è a sinistra invece che a destra dell'entrata della questura: forse a destra si sono decisi a costruire una struttura di cemento dove non far morire di freddo la gente e dove rispettare un po' di più la dignità delle persone che migrano qui e pagano le tasse, perchè senza lavoro non se magna, e chi è un lavoratore dipendente le tasse le paga per forza. Facciamo la fila, arriviamo da questo signore con i capelli bianchi che lavora al freddo e ha il compito di consegnarci un modulo da compilare e il numero del nostro turno, abbiamo il numero 10. Ci sediamo e il mio amato è deciso a fare lo stoico: "Perchè non andiamo sotto quei cosi che sparano l'aria calda in mezzo al tendone?" gli dico, "Dai resistiamo!" mi risponde lui. Si va bhè in realtà non è che avessi tanto freddo, ma dico perchè non approfittare della comodità dato che in questo momento non ci sono bambini che necessitano quei posti lì in mezzo?... Intanto ringrazio Dio perchè mio figlio non deve fare la fila come i bambini delle donne immigrate che sono qui sole e non hanno nessuno che glieli possa tenere o che forse se li devono portare per forza per questioni burocratiche... bhè per fortuna in parlamento non hanno deciso di prendere le impronte anche ai bambini. Più guardo le mamme con i bambini nelle carrozzine e nei passeggini più mi viene il nervoso: non è giusto che loro siano qui ad aspettare al freddo: voglio un  mondo libero!
Il funzionario incappottato robusto e dallo sguardo da chiuso mentale tipico di questa provincia va avanti e indietro dal tendone al salone interno alla questura, man mano chiama i numeri delle persone che aspettano, alcuni appena arriva si alzano speranzosi così lui si irrita perchè gli si avvicinano tutti e dice che devono stare seduti finchè non sentono chiamare il loro numero; io penso: magari a volte qualcuno si alza perchè non capisce bene l'italiano e vuole la conferma che non sia stato il suo numero ad essere chiamato. Il mio amato dice che qui trattano sempre male tutti, o meglio che sono degli stronzi. Io spero che esageri ma a giudicare dai modi di quel tipo mi pare che il rispetto degli immigrati non sia la priorità nel suo modo di lavorare e di essere. Il mio amato è venuto qui migliaia di volte e mi dice che migliaia di volte qui  non si è sentito rispettato.
Finalmente arriva il nostro turno per entrare a far la fila dentro la questura. Davanti a noi c'è una ragazza mulatta che a me pare un avvocato e insieme a lei c'è una signora anziana con i capelli bianchi che da dietro mi sembrava bianca e che invece era nera come la nonna del mio amato, solo che la nonna che è qui a due passi da noi sembra uscita da un film ambientato a New Orleans negli anni '50 e pare essere rimasta molto lontana dalla sua mamma Africa. Ci guardiamo in giro, commentiamo, parliamo, aspettiamo, ci facciamo talmente bene compagnia che quando è quasi arrivato il nostro turno allo sportello non mi sembra di avere aspettato molto. La ragazza mulatta con l'aria innocente e dolce arriva allo sportello, dopo di lei ci siamo noi, io continuo a chiedermi chi sarà questa ragazza così ben vestita, con degli stivali di pelle marroni dal taglio sobrio ed elegante e dal cappottino bianco panna col bordo di pelliccia, e poi vedo che il signore anziano che girava vicino a noi è dietro di lei e la nonna, il mio amato mi dice: è cubana. Io gli dico che non ce la farei mai ad andare con uno così brutto e pure vecchio anche se è pieno di soldi; lui mi fa capire che viene da una realtà diversa, capisco: io penso non ce la farei mai a fare la puttana, il signore con i capelli bianchi che ha sposato una bella ragazza giovane dei tropici intuisce i nostri commenti e si vergogna. La ragazza cubana ha quasi conquistato i documenti per sè e sua madre e se va, finalmente è il nostro turno. Spieghiamo all'impiegata che noi abbiamo già fatto la richiesta tramite le poste ma che vogliamo farla direttamente qui in questura perchè ci hanno detto che così possiamo avere prima il permesso di soggiorno, visto che vorremmo andare in Germania. Lei ci chiede tutta la documentazione necessaria, noi le consegnamo la pila di fogli e lei mi chiede se mio figlio è italiano: io le dico che io sono italiana e che quindi mio figlio è italiano, allora lei mi chiede la carta d'identità così fa una fotocopia. Bene ora ha la prova che io sono italiana e che mio figlio è cittadino italiano, abbiamo anche l'estratto di nascita rilasciato dal Comune dove c'è scritto che è nato in Italia. Torna con la fotocopia della mia carta d'identità e mi restituisce quest'ultima e mi chiede di nuovo: "Ma suo figlio è italiano?", io rimango dentro di me di sasso (ma questa mi tira per il culo?), le rispondo che sì è italiano, io sono italiana e lui è italiano, nato in Italia. Dopo che mi ha chiesto tre volte se mio figlio è italiano e essere andata avanti e indietro tre volte dall'ufficio a chiedere direttive è tornata dicendomi che dovevo compilare una dichiarazione in cui dovevo scrivere  che mio figlio è italiano. Mentre lei se ne va di là vedo che noi siamo i primi dell'elenco degli appuntamenti appoggiato vicino al vetro: c'è una lista di venti persone: a tutti e 20 è stato dato appuntamento alle 8,30. Per essere più chiari vi faccio l'esempio pratico:
  1.      8,30     Hassan Al Turabi     
  2.      8,30     Vladimir Putin
  3.      8,30     Amira Hass
  4.      8,30     Mohammed Alì
  5.      8,30     Abbas Kiarostami
  6.      8,30     Moussa Ba
  7.      8,30     Khalil Gibran
  8.      8,30     Anton Checov  
  9.      8,30     Chitra Banerjee Divakaruni
  10.      8,30     Yoani Sànchez
  11.      8,30     Jorge Luis Borges
  12.      8,30     Hosni Mubarak
  13.      8,30     Sergej Michajlovic Ejzenstein
  14.      8,30     Kim Ki Duk
  15.      8,30     Xiao Jiang
  16.      8,30     Nikhil Advani
  17.      8,30     Juan Rulfo
  18.      8,30     Lashanta Wickramatunga
  19.      8,30     Elza Kungaeva
  20.      8,30     Thanh Nien
 Così mi sento doppiamente presa in giro, sembra che facciano apposta a fare aspettare la gente e a fare domande stupide e senza senso per far sì che la fila di persone non finisca mai di aspettare quel cavolo di documento che permette a chi non è nato in Europa di stare in Europa.
Finisco di compilare il modello in cui dichiaro che mio figlio è italiano, figlio di un italiana, nato in Italia e lo consegno all'impiegata. Lei dopo aver ricontrollato il malloppo di documenti ci dice che dobbiamo andare a ritirare il n. della fotosegnalazione allo sportello 8. Ci avviamo e allo sportello 8 non c'è nessuno ad aspettare così ci affacciamo al vetro: colui che sta al di là del vetro ci guarda con aria da stronzo e ci dice: "Dovete stare dietro la linea gialla" in una maniera che mi viene ancora voglia di prenderlo a sberle visto che il suo respingerci era dovuto al suo dover litigare con il suo collega e al suo non voler far sentire quello che dicevano e non al diritto di privacy degli utenti che stanno davanti alla linea gialla. Dopo un po' che aspettiamo che i due colleghi dello sportello 8 finiscano il primo round finalmente quello con la maglia blu da polizziotto in ufficio ci chiede cosa vogliamo: il n. di fotosegnalazione... Inizio del secondo round... aspettiamo aspettiamo e mi rompo sempre più le palle che iniziano pure a girarci così inizio a guardare il signorino "Dovete stare dietro la linea gialla" cercando di cogliere il suo sguardo per fargli capire: "Non ho nessuna intenzione di aspettare 20 minuti qui mentre voi discutete anzichè rispettare i nostri sacrosanti diritti", colto il mio sguardo il suo nemico inizia a preparare (mentre continua a discutere) un cartellino 5 x 5 cm su cui impiega almeno 2 minuti a fare un timbro con il numero di fotosgnalazione delle impronte delle dita del mio amato. Finalmente ce lo consegna: abbiamo l'ultimo documento da consegnare all'impiegata dello sportello VARIE senza fare la fila. Arriviamo in mezzo alla calca, allo sportello vicino c'è un uomo dell'est piuttosto trasandato (che cosa sta vivendo?cos'è tutto il suo dolore?) che si sta facendo rilevare le impronte dal poliziotto impiegato addetto alla macchinetta che fa le fotosegnalazioni: appoggia un dito alla volta: tutte e dieci le dita delle mani! mi sembra un esagerazione. Siamo tutti clandestini. Il mio amato mentre io osservo consegna il n. di fotosegnalazione: l'impiegata non trova la nostra pila di documenti: sono lì gli dice. "Hanno bisogno d'aiuto" commenta un signore italiano che forse è qui per i documenti della sua badante.
Finalmente usciamo dalla questura, a me è venuta tanta fame, così andiamo a berci un cappuccio con la brioches al bar qui di fronte. Mi chiedo cosa pensi ogni giorno la barista di tutti quelli che ogni giorno prima vanno a fare la richiesta per il permesso di soggiorno e poi vengono qui a ristorarsi con un caffè.

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